

Le ondate di caldo torrido che stanno affliggendo da qualche anno tutto l’emisfero nord del pianeta, Italia compresa, fanno temere il sorgere di nuove pandemie o il trasferimento di malattie tropicali verso aree dal clima più temperato, come in Europa.
Uno “studio” poco rassicurante
Uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica “Nature” nell’aprile 2022, che affronta la questione, oggi appare più che attuale. Secondo tale studio, condotto dagli scienziati della Georgetown University, il cambiamento climatico potrebbe innescare una nuova diffusione di virus, mettendo a rischio sia la salute degli uomini che degli animali. Ciò a causa dell’inarrestabile trend della temperatura terrestre. Aree del pianeta divenute troppo calde (e in parte invivibili) obbligheranno inevitabilmente animali ed insetti a spostarsi verso habitat con temperature più miti.
Lo studio rappresenta “un primo passo” per capire il rischio di una nuova pandemia legato ai cambiamenti climatici. Esso si basa su una serie di proiezioni, che prevedono come la questione climatica potrà cambiare gli habitat degli animali. Nonché consentire incontri tra specie, in
particolare con quelle in grado di scambiarsi patogeni, fino a giungere alla temuta zoonosi (passaggio di patogeni dagli animali all’uomo).
Cosa prevede lo “studio”
Nello studio si evidenziano gli esperimenti che hanno combinato modelli di trasmissione dei virus e di distribuzione delle specie tenendo conto di diversi scenari climatici, scegliendo di concentrarsi sui mammiferi per via del loro rapporto con gli umani.
I risultati delle ricerche sono “sconcertanti”, infatti si dà per scontato che ci sarà una nuova trasmissione di virus a causa del riscaldamento climatico, che spingerà gli animali a muoversi verso nuovi habitat con temperature meno torride. Ovviamente questo spostamento inizialmente (già si sta verificando) interesserà alcune zone dell’Africa e dell’Asia che sono anche densamente popolate.
Secondo gli scienziati, ci sarà questo pericolo anche perché il numero di “primi incontri” tra specie raddoppierà entro il 2070. Gli animali che, secondo i ricercatori della Georgetown University, sono i più indiziati a trasmettere i virus sono i volatili, in particolare i pipistrelli. Questi mammiferi volanti, naturali “bacini” di virus, non ostacolati da barriere terrestri, hanno maggiore possibilità di trasformarsi in pericolosi “untori”.
Rischio reale
Il Prof. Colin Carlson, a capo del team di ricercatori, ha accennato a scenari ipotetici sull’eventuale diffusione di virus letali, prendendo per esempio l’origine della diffusione di Sars-CoV-2, iniziata (secondo lui) con la contaminazione di un mercato illecito di animali a Wuhan.
Altri suoi colleghi, che non hanno preso parte alla ricerca, sono più cauti, perché asseriscono che predire il rischio di salti virali tra i mammiferi è difficile, poiché questi spillover(*) accadono in complessi ambienti ecologici, socioeconomici o in laboratorio.
Tuttavia non può essere abbassata la guardia, l’esempio degli adattamenti e delle varianti del virus di quest’ultima epidemia fanno lezione. Gli autori della ricerca sottolineano con fermezza che, proprio perché esiste tale rischio, non c’è più tempo da perdere. Per cui è giunto il momento di agire.
Il Prof. Carlson ha poi concluso: “Questo lavoro potrebbe aprire la strada a una previsione più accurata del rischio di pandemia. Abbiamo inoltre mostrato come i movimenti e le interazioni degli animali dovuti a un clima caldo potrebbero aumentare il rischio di spillover.“