Alla COP30 di Belém si è parlato di tutto, ma l’azione per ridurre l’aumento della temperatura terrestre, questione primaria per la sopravvivenza delle future generazioni, è stata trattata solo marginalmente.
Cosa si è stabilito?
In Brasile si è cercato di salvare il multilateralismo prima del Pianeta, le relazioni tra Stati prima delle foreste, gli interessi fossili prima di quelli dei popoli. Così è finita la COP30 di Belém, la prima conferenza Onu sul clima ospitata in Amazzonia. La “COP della verità”, come il governo brasiliano l’aveva definita.
La “verità”, alla fine, è stata che i Governi continuano a proteggere le stesse industrie che hanno generato la crisi da combustibili fossili. La stessa crisi per cui da trent’anni quasi 200 delegazioni si ritrovano, anno dopo anno, a negoziare per due settimane in un Paese diverso. Quindi, nonostante gli sforzi di Stati come la Colombia, la COP30 si è chiusa con un risultato deludente.
Nessun accordo esplicito sui combustibili fossili
Non si è riusciti ad arrivare ad un accordo ambizioso sul blocco o limitazione delle fonti fossili, stessa cosa per l’adattamento e la deforestazione. Nel documento politico più atteso della COP30 (la Mutirão decision) i combustibili fossili non sono menzionati! Una “vittoria” per Stati guidati dall’Arabia Saudita, che hanno lavorato senza sosta per espungere qualsiasi riferimento esplicito.
L’impegno a definire una roadmap per la transizione dalle fonti fossili, inizialmente sostenuto da oltre 80 Paesi, non è entrata nell’accordo formale di Belém. Il Brasile ha allora promosso un’iniziativa parallela, esterna al processo Onu, costruita sul piano della Colombia e sostenuta da circa 90 Stati, ma priva, almeno per ora, del peso politico di una decisione negoziale.
Tropical Forests Forever Facility
Per compensare almeno in parte questo vuoto, il Brasile ha lanciato il Tropical Forests Forever Facility. Un fondo d’investimento al di fuori del perimetro negoziale, che pagherà gli Stati affinché mantengano intatte le foreste. Un’iniziativa ambiziosa, ma che non costituisce un impegno formale di tutte le parti.
La transizione giusta
Un risultato, che potremmo definire significativo, è arrivato sul fronte della transizione giusta. Tutte le nazioni hanno concordato un nuovo meccanismo globale per garantire che il passaggio all’energia pulita avvenga in modo equo, inclusivo e capace di proteggere lavoratori e comunità. Questo è uno dei pochi punti che ha raccolto un sostegno ampio e relativamente stabile.
Adattamento
Sull’adattamento, la COP30 “chiede sforzi per almeno triplicare” i fondi entro il 2035. L’inclusione del termine “almeno” è stata accolta come una piccola vittoria, ma la scadenza slitta di cinque anni e questi fondi rientrano nei 300 miliardi annui già fissati alla COP29, mentre i Paesi in via di sviluppo chiedevano risorse aggiuntive e non ricollocate.